La sterilizzazione nello studio del dentista
Lo studio odontoiatrico è stato sempre considerato un luogo dove non avvengono grossi interventi collegati con sanguinamento di tessuti e quindi poco importante nei meccanismi di trasmissione delle infezioni. In realtà la presenza del virus HIV e dell’Epatite B e C nella saliva, ha fatto rivedere le procedure di sterilizzazione nella pratica odontoiatrica.
Quando si entra in uno studio odontoiatrico viene sicuramente spontaneo chiedersi: correrò rischi d’infezioni? Gli strumenti che il dottore utilizza, saranno sterili? Come posso proteggermi dal rischio di malattia?
In termini tecnici questo possibilità viene definito come “controllo delle infezioni crociate”, cioè controllo del passaggio di infezioni da un paziente all’altro. L’attività odontoiatrica è, tra le pratiche sanitarie, ai primi posti come possibile rischio per le epatiti (dati dell’Istituto Superiore di Sanità – Servizio Epidemilogico). La cavità orale è infatti una fonte di contaminazione per l’alta carica microbica presente nella saliva.
Il problema è grave quando si pensa agli interventi di piccola chirurgia (che per mezzo delle ferite possono creare contatti diretti con il sangue) ma è altrettanto importante anche per le altre cure in quanto a nessuno piacerebbe sapere che uno strumento usato nella propria bocca è appena uscito da quella di un’altra persona senza un adeguato trattamento.
Per lo strumentario monouso, tutto è molto semplice: il bicchiere viene eliminato dopo ogni paziente, come la cannuccia aspira saliva, il tovagliolo e i guanti di lattice.
Per gli altri strumenti che non possono essere gettati dopo il loro utilizzo occorre procedere alla sterilizzazione che viene effettuata con apparecchi chiamati autoclavi le quali, tramite vapore acqueo o vapori chimici, sono in grado di assicurare la perfetta distruzione di ogni organismo patogeno sullo strumentario.
Il procedimento di sterilizzazione è generalmente preceduto da quello di pulizia dello strumento, di sigillatura dello stesso in apposite buste di carta o plastica. Quando lo strumentario ha completato il ciclo di sterilizzazione, grazie all’imbustamento, può rimanere nei cassetti dello studio senza rischi di contaminazione.
Ci sono ovviamente anche strumenti che non possono essere introdotti nelle autoclavi ( ad esempio la poltrona odontoiatrica). Questi ultimi generalmente non vengono interessati da contatto diretto con i liquidi del paziente, ma possono comunque essere difesi con pellicole trasparenti usa e getta. La tecnologia moderna mette a disposizione una varietà di prodotti di prevenzione dalle infezione che vanno dai guanti e mascherina per l’operatore, alle pellicole adesive trasparenti per le poltrone, i tasti, le lampade dello studio. Grazie al basso costo di questi presidi, le cure odontoiatriche non subiscono degli aumenti di costi imprevisti.
Processo di sterilizzazione degli strumenti odontoiatrici
- Entrata degli strumenti nella sala di sterilità negli appositi tray.
- Decontaminazione chimica del materiale per tutelare l’operatore durante le fasi di lavaggio dello strumentario.
- Lavaggio e asciugatura per rimuovere i residui grossolani di sporco.
- Confezionamento degli strumenti da sterilizzare in apposite buste.
- Sterilizzazione in autoclave: il vapore d’acqua, saturo e sotto pressione, è il mezzo di sterilizzazione più usato nelle strutture sanitarie in quanto il più veloce, economico e privo di tossicità rispetto ad altri agenti sterilizzanti.
Dopo la rimozione degli strumenti dall’autoclave (già imbustati) essi possono essere conservati nei cassetti anche per 60 giorni.
Tutte queste procedure per avere la certezza di non trasmettere malattie ai nostri pazienti richiedono attrezzature particolari (autoclavi), agenti sterilizzanti e… tempo, molto tempo che le nostre assistenti dedicano a questa delicata e importante incombenza.
Purtroppo in Liguria i dentisti non hanno ancora l’obbligo di avere le autoclavi speciali (di classe B) e di eseguire queste procedure: la sterilizzazione non sempre avviene nel modo corretto e sicuro, soprattutto in quegli studi che cercano di applicare prezzi “low cost” risparmiando sui materiali impiegati e sul tempo necessario per la sterilizzazione.
Dr. Corrado Cavalca
Epatite dal dentista
La verità è scomoda: anche in uno studio dentistico, come in una sala operatoria, il rischio infettivo zero non esiste. Detto questo, va subito aggiunto che ci si può avvicinare all’obiettivo sicurezza totale costruendo una barriera ai germi, usando ferri chirurgici sterilizzati, materiale monouso (bicchieri, mascherine, occhiali, guanti, aghi, cannule) e adottando notevoli precauzioni (che però hanno un costo in termini di tempo e di materiali). In questo modo si possono evitare le infezioni crociate, ossia quelle trasmesse da persona a persona: per quanto emerge dagli studi, le più frequenti.
Il concetto di precauzione universale significa che un paziente, anzi il suo sangue e la sua saliva (solo se contaminata da sangue), deve essere sempre trattato come potenzialmente contagioso. Se l’ambiente non è sterile, lo studio del dentista, un luogo in cui ogni giorno passano molte persone che si siedono sulla stessa poltrona, diventa contenitore di germi. E sia gli spruzzi degli aerosol usati per il raffreddamento del dente sia gli eventuali schizzi di sangue possono essere pericolosi.
Gli agenti infettivi più diffusi nello studio del dentista sono i virus delle epatiti B e C, poiché si trasmettono per via ematica. L’hiv, quello dell’aids, tanto temuto, è molto meno resistente e infettante. In genere i virus non sopravvivono alle procedure di sterilizzazione e disinfezione, se queste sono svolte a regola d’arte. In Italia nel 2001, secondo dati del Sistema epidemiologico integrato dell’epatite virale acuta (Seieva), circa un quarto dei pazienti colpiti da epatite B e C riferisono di essere stati dal dentista nei sei mesi precedenti l’esordio della malattia. Il sistema registra però solo i casi acuti, restano fuori quelli sommersi, che sono la maggioranza.
Si saranno davvero infettati dal dentista? È difficile stabilire un nesso di causa-effetto tra cure odontoiatriche ed epatiti perché gran parte dei casi sono asintomatici e il tempo di incubazione è lungo. Oggi il pericolo maggiore è l’epatite C, più che la B, perché contro quest’ultima dal ’91 è diventata obbligatoria la vaccinazione per i nuovi nati e gli adolescenti.
In Italia chi vuole aprire uno studio dentistico non ha di fatto riferimenti legislativi per gestirlo secondo norme di massima sicurezza. Il decreto legge 299/99 dell’ex ministro Rosy Bindi che introduceva per la prima volta regole sulla sterilizzazione degli studi odontoiatrici non è mai stato attuato. E la legge 626 del ’94 stabilisce solo criteri di sicurezza sul lavoro. Abbiamo pertanto deciso di autoregolamentarci. Nel rispetto del codice deontologico dell’ordine è nata la Carta dei diritti e doveri degli odontoiatri.
L’iniziativa serve anche ad arginare una situazione preoccupante. Gran parte dei 50 mila medici dentisti italiani rispetta i requisiti igienico-sanitari, ma in Italia ci sono migliaia di abusivi e di dentisti che, per mantenere i prezzi bassi, non applicano alla lettera le regole della sterilizzazione.
In fondo, bastano pochi accorgimenti per vincere batteri e virus: le sterilizzatrici di ultima generazione (che sterilizzano i ferri a 140° e sotto pressione) garantiscono una perfetta sterilizzazione e sono una sicurezza per i pazienti dei dentisti.
Dr. Corrado Cavalca